Apprezzare la bellezza in giardino
La primavera è arrivata. La si vede attorno a noi, negli alberi in città che riprendono colore, la si respira nell’aria, nei giardini, pervasi dall’intenso profumo dei fiori che si schiudono al mattino.
Così l’ho sentita anch’io che la attendevo con entusiasmo. Non credo di avere una stagione preferita, ma l’arrivo della primavera mi trasmette sempre serenità e buoni propositi. Tra questi, il voler sperimentare e approfondire un genere che ho praticato poche volte - potrei dire per mancanza di attrezzatura dedicata, ma in realtà perché non ho mai trovato la voglia e la costanza di provarci con impegno - e che allo stesso tempo mi affascina molto, ossia la macrofotografia. Probabilmente la maggior parte degli scatti ricadrebbe meglio all’interno della categoria close-up, ma non mi soffermerò sulla differenza tra le due.
Di recente ho acquistato una lente close-up da NiSi Italia (questa non è una recensione né io sono sponsorizzato dall’azienda), la quale, per farla breve, permette di ridurre la distanza minima di messa a fuoco e quindi di avvicinarsi maggiormente al soggetto fino ad ottenere un rapporto di riproduzione 1:1, caratteristica fondamentale della macrofotografia.
Ho pensato che per iniziare a sperimentare maggiormente questo genere l’acquisto della suddetta lente fosse più conveniente rispetto all’acquisto di una vera lente macro, che sicuramente sarebbe l’ideale, ma se lo riterrò opportuno la valuterò più in là nel tempo.
Così, un pomeriggio mi trovavo in giardino con la mente immersa nella bellezza intorno a me, esaltata dalla calda luce del sole che cominciava a calare. Decine e decine di margherite, nontiscordardimé, giunchiglie, rose, viole, ranuncoli e tanti altri fiori. Quale miglior occasione e disposizione d’animo per cimentarmi seriamente in questo ambito tanto ricco di fascino quanto di insidie!
Sono fermamente convinto che la macrofotografia sia un genere in grado di portare velocemente alla follia, poiché la ricerca di una composizione può diventare addirittura ossessiva e influenzare negativamente la riuscita di uno scatto. A complicare le cose, la profondità di campo (PdC) estremamente ridotta e il fatto che basta veramente un minimo spostamento da parte nostra per perdere la messa a fuoco e dover rifare tutto da capo. Non parliamo poi di quando c’è vento o anche solo una leggera brezza a muovere i nostri soggetti.
L’esperienza di quel pomeriggio però è stata tanto coinvolgente e appassionante che ho voluto ripeterla qualche giorno dopo, questa volta alle prime luci del giorno e nuovamente sono affiorate le medesime sensazioni provate la volta precedente.
Incantato da quei dettagli così minuscoli che mai avrei avuto modo di osservare altrimenti, mi sono lasciato trasportare dall’entusiasmo e perciò mi sono divertito molto.
Tengo a precisare che non mi sono attenuto alla maniera più tradizionale di fare macrofotografia, nel senso che tutti gli scatti presenti in questo articolo sono stati effettuati a mano libera e a diaframmi molto aperti; perciò, ho accolto con piacere la strettissima PdC. Trovo che più nitidezza data da diaframmi più chiusi (o dalla tecnica del focus stacking) avrebbe tolto alle immagini quell’atmosfera sognante che invece cercavo.
L’utilizzo del treppiede si è rivelato complicato e persino fastidioso (mi fa strano dire così, essendo abituato a fotografare paesaggi quasi esclusivamente da cavalletto) a causa della colonna centrale che mi impediva di pormi sullo stesso piano dei fiori o dei fili d’erba, motivo per cui l’ho subito accantonato. Avrei potuto ribaltare le gambe del treppiede, ma mi sembrava comunque un’opzione scomoda.
Invece, stare accovacciato o a volte sdraiato per terra mi ha permesso di essere molto più veloce e attento.
Tutte le seguenti fotografie sono state scattate con una Nikon Z6 e l’obiettivo Nikon Z 70-200 mm f/2.8 VR S. La lente close-up NiSi verrà menzionata sotto gli scatti per i quali è stata utilizzata.