La ricerca di paesaggi intimi
Negli ultimi mesi mi sono accorto che il mio modo di fotografare sta piano piano cambiando. Vorrei poter dire che si sta affinando, ma suonerebbe un po’ troppo presuntuoso; però, sento che sta mutando in maniera conforme alla mia persona e questo è buono.
Guardo indietro agli scatti passati e quasi non li riconosco più come miei. Le sensazioni riaffiorano e con la mente torno a quei momenti, in alcuni casi agli odori e ai suoni che riempivano la scena, ma capisco che allora ero una persona diversa.
Alcuni aspetti sono rimasti identici, altri invece non più. È naturale che sia così; il mio modo di vedere si plasma continuamente sulla base delle esperienze.
“You don’t make a photograph just with a camera. You bring to the act of photography all the pictures you have seen, the books you have read, the music you have heard, the people you have loved” diceva Ansel Adams.
Mi accorgo di questa nuova personale lettura del paesaggio anche tramite la scelta dei soggetti. Alcuni a cui in passato davo poca attenzione ora sono tra quelli che più mi emozionano e mi gratificano. La fotografia appena sopra ne è un esempio: il luogo è uno di quelli a me più cari, la Riserva Naturale delle Torbiere del Sebino, situata sulla sponda meridionale del lago d’Iseo, dove mi reco da diversi anni in cerca di nuovi spunti e dove immediatamente mi sento in pace. Eppure, a questo albero, qui illuminato dal sole che nel giro di pochi minuti sarebbe sceso dietro una montagna, non avevo mai badato, nonostante si trovi esattamente accanto al percorso. Non l’avevo visto. Forse perché tutte le altre volte non c’era quella luce a richiamare la mia attenzione e chissà, magari anche questa volta sarei passato oltre se fosse stata una giornata nuvolosa, ma credo che sia in corso una evoluzione che mi sta portando a riscoprire meglio me stesso e ciò che più mi soddisfa.
Quando ho iniziato a interessarmi alla fotografia e in particolare ai paesaggi quasi quattro anni fa, ambivo a rappresentare quasi esclusivamente scenari non per forza vasti, ma che dessero l’effetto di grandiosità sfruttando sia lenti grandangolari che ottiche a focale lunga, di cui ho sempre cercato di fare largo uso; difficilmente, però, mi capitava di ricercare singoli dettagli o di fare uno scatto senza che fosse visibile il cielo o l’orizzonte.
“By excluding horizons, the images immediately become more intimate and take on a more subjective feel” dice invece Hans Strand.
Sempre più di frequente mi ritrovo a osservare più attentamente la scena con in mano il teleobiettivo (70-200mm) ed è in quei momenti che davanti ai miei occhi si rivela una trama di forme e colori spesso invisibili a un primo sguardo.
Possiamo imparare molto da un paesaggio nel momento in cui ci avviciniamo ad esso con un forte desiderio di lasciarci stupire. Più entriamo in contatto con esso, più cresciamo e insieme a noi cresce anche la nostra fotografia. Non che un paesaggio intimo sia migliore di un paesaggio grandioso o viceversa; credo abbia poco senso fare paragoni, ma è importante che manteniamo vivo questo desiderio per esprimere e dare forma a ciò che giace dentro di noi.
Qui sotto una selezione di fotografie realizzate in questi mesi all’interno della riserva.